Siamo nell’anno del quinto centenario della Riforma protestante avviata dal monaco
agostiniano Martin Lutero. Leggendo le Epistole paoline Lutero ri-scoprì la teologia
della giustificazione per fede secondo cui la salvezza è donata in Cristo soltanto
(Solus Christus) attraverso la sola grazia di Dio (Sola Gratia) a cui l’essere umano
risponde con la fede (Sola fide).
La parola “grazia” indica che la salvezza è un dono gratuito dell’amore primario e
 incondizionato di Dio nei confronti degli esseri umani. La Bibbia racconta la storia
della ricerca dell’essere umano da parte di Dio, essa ha l’autorità ultima in materia
di fede e di conoscenza di Dio (Sola Scriptura).
Affermare che siamo salvati per grazia equivale a dire, in positivo, che siamo
salvati da un atto d’amore di Dio che ci ha amati per primo (1 Gv. 4, 19), ed è
per questo che possiamo a nostra volta amare Dio e il nostro prossimo e, in
negativo, non ci salviamo da soli con le nostre azioni, per quanto possono
essere buone. A nessuno è concessa l’opportunità di contribuire alla propria salvezza,
altrimenti ciò potrebbe essere motivo di vanto. Il versetto 9 di Efesini puntualizza
con forza: «Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti». Dio salva per
la Sua gloria e il mezzo che usa per salvare non lascia spazio all’essere umano
per gloriarsi (Soli Deo Gloria).
Come ci poniamo davanti a queste affermazioni? Sono ancora pertinenti per noi?
Nel mondo globale di oggi in cui domina la logica di mercato e si esaltano i
meriti ed i successi personali, ci viene ricordato che c’è sempre spazio per la
gratuità in cui possiamo vivere imparando a donarci agli altri in un servizio
disinteressato. Se ci impegniamo su questa strada non sarà difficile scoprire
che la grazia costata cara a Dio ha un costo anche per noi.