martedì 26 settembre 2017

Ascoltare il grido del prossimo


Un giorno una parola  – Commento a Marco 10, 48-49
da RIFORMA.IT - 26/09/2017



Dio nostro, Dio grande, potente e tremendo, che mantieni il patto e agisci con misericordia, non ti sembrino poca cosa tutte queste afflizioni che sono piombate addosso a noi. 
(Neemia 9, 32)

Bartimeo gridava: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!»  Gesù, fermatosi, disse: «Chiamatelo!» E chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio, àlzati! Egli ti chiama».
(Marco 10,48-49)

Bartimeo è un povero mendicante a causa della sua cecità ma, soprattutto, è un escluso dalla società perché è considerato un essere improduttivo, nonché una persona che vive totalmente a spese delle altre persone. Benché relegato ai margini della società, non si rassegna, come lo dimostra il grido continuamente ripetuto con cui si rivolge a Gesù.
Quando si perde la parola rimane solo il grido per esprimere il proprio dolore e la propria disperazione, ma anche la rabbia e la disapprovazione contro un sistema ingiusto.

Oggi, al posto di Bartimeo ci sono gli esclusi dalla nostra società che sono i poveri, migranti, disoccupati, insomma, tutte le categorie di persone la cui voce rimane inascoltata. L’atteggiamento di Gesù è un grande insegnamento per chiunque voglia seguirlo. Mentre molti rimproveravano Bartimeo, cercando di zittirlo, Gesù, seppur risolutamente in marcia verso Gerusalemme, dove sarà consegnato nelle mani dei suoi uccisori, lo sente, si ferma, lo ascolta e lo guarisce. Nella vita frenetica della società di oggi, corriamo il rischio di essere tutti concentrati sui problemi personali e non ascoltare il grido del bisognoso né tantomeno fermarci. Il bisognoso diventa allora un disturbatore o uno che crea problemi.

Gesù ci insegna che possiamo avere i nostri problemi anche seri ma senza per questo ignorare il grido del nostro prossimo in cerca d’aiuto. Per poter ascoltare l’altro come Dio ci ascolta, bisogna, in primo luogo, imparare a fare un po’ di spazio dentro di se. Ciò non significa ignorare i propri problemi, ma semplicemente metterli un po’ da parte, per essere in grado di ascoltare Dio e il nostro prossimo, altrimenti c’è solo da ascoltare se stessi.  Secondariamente, bisogna abbandonare la paura di non essere all’altezza della situazione; non ci sono sempre risposte pronte e facili vie d’uscita, l’ascolto come segno d’attenzione verso la sofferenza altrui è meglio dell’indifferenza.

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